Glossario
Assunzione del debito da parte di terzi, in accordo con il debitore
Con il contratto di accollo, un soggetto terzo (accollante) si assume il debito contratto da un debitore (accollato) nei confronti di un creditore (accollatario).
Esistono due tipologie di accollo:
- Cumulativo: il debitore (accollato) rimane obbligato unitamente al garante (accollante), sebbene solitamente il creditore richieda la prestazione, all’accollante e, solamente in caso di mancata soddisfazione, all’accollato;
- Liberatorio: l’accollato è liberato dal debito, o per iniziativa spontanea del creditore o come condizione dell’accollo (da indicare specificatamente per iscritto nell’accordo). Tuttavia, il debitore può decidere, di propria volontà, di rinunciare alla liberazione. Nel caso in cui l’accollante non sia solvente, il creditore non può più rivalersi sull’accollato, a meno che l’insolvenza non fosse nota già al momento della stipula del contratto.
Ottenere un fido
L’apertura di credito bancario (art. 1842 c.c.) è il contratto con cui la banca si obbliga a tenere a disposizione del Cliente una somma di denaro per un dato periodo di tempo a scadenza oppure a tempo indeterminato altresì detto, a revoca. L’accreditato può scegliere se prelevare quanto messo a disposizione in un unico momento o in diversi momenti nel tempo, a seconda delle sue esigenze. Al tempo stesso, la banca può richiedere una garanzia reale, come ad esempio pegno o ipoteca , oppure personale (fideiussione di soggetti terzi). Nell’eventualità che la garanzia diventasse insufficiente, la banca può chiedere un’integrazione della garanzia. Se l’accreditato non fosse in grado di rispettare questa richiesta, la banca può ridurre, proporzionalmente, la sua apertura di credito o bloccarla totalmente. A tutela dell’accreditato, la banca non può recedere il contratto prima della sua scadenza, a meno che non ci siano delle giuste cause o per specifici motivi regolamentati dal contratto.
Revocabilità dei pagamenti effettuati
Con la dichiarazione di fallimento di un soggetto, alcuni atti compiuti in precedenza diventano revocabili in quanto considerati sospetti. In particolare, sono inefficaci i pagamenti avvenuti nei due anni precedenti, relativi ai debiti con scadenza coincidente al giorno della dichiarazione di fallimento o successiva, ad eccezione di quelli nei confronti di un creditore che ignorava lo stato di insolvenza del soggetto e di quelli relativi alla produzione in senso stretto. Il curatore può richiedere l’azione revocatoria fallimentare al tribunale che ha dichiarato il fallimento. Questa azione ha l’obiettivo di ricostruire un patrimonio, attraverso il richiamo di pagamenti effettuati prima della loro scadenza, al fine di soddisfare i creditori che altrimenti rimarrebbero penalizzati dal fallimento. Al tempo stesso, il curatore può richiedere l’azione revocatoria ordinaria (ex art. 2901 c.c.), cioè una dichiarazione di inefficacia degli atti compiuti dal debitore che potrebbero aver aggravato la sua condizione.
Vendita dei beni dell’esecutato in una procedura esecutiva
L’asta giudiziaria è quella particolare attività processuale che si tiene, nell’ambito di un’esecuzione immobiliare o di un fallimento, dinanzi al giudice dell’esecuzione o del curatore, che dispongono la vendita forzata di uno o più beni mobili o immobili di proprietà dell’esecutato o del fallito, al fine di ottenere una liquidità con la quale soddisfare, in tutto o in parte, i creditori intervenuti nel processo. Si parla di asta “con incanto”, quando tra i partecipanti si tiene una vera e propria gara a chi offre il prezzo più alto. Quando, invece, l’asta avviene “senza incanto”, le offerte di acquisto dei beni sono depositate presso la cancelleria del giudice dell’esecuzione e vengono formalizzate in pubblica udienza.
Frequentemente, vi è anche la possibilità di visitare i beni prima dell’asta giudiziaria. Ciò avviene quando il Giudice nomina un custode che dispone modalità e appuntamenti. Al tempo stesso, l’interessato può far redigere anche una perizia di stima da parte di un consulente o può consultare quella predisposta su richiesta dal giudice.
Note: Le aste giudiziarie sono aperte a chiunque, e vi si può partecipare anche in forma anonima cioè per persona da nominare (in tal caso la domanda di partecipazione dovrà essere presentata tramite un avvocato e l’identità del terzo soggetto venga dichiarata dopo 3 giorni dall’aggiudicazione) con l’esclusione del debitore esecutato e del fallito.
Un archivio di informazioni preziose
La Centrale dei Rischi (CR) gestita dalla Banca d’Italia è una banca dati contenente le posizioni debitorie superiori a 30.000 euro di imprese e famiglie nei confronti degli intermediari finanziari nazionali. Tutti gli intermediari finanziari, infatti, inseriscono i propri dati e quelli dei clienti in questo sistema informativo, al fine di scambiare informazioni con l’intero sistema creditizio.
Nel caso di debiti classificati a sofferenza, cioè ritenuti non rimborsabili dall’intermediario finanziario, la soglia di segnalazione si abbassa da 30.000 euro a 250 euro.
Previa richiesta, chiunque può accedere alla Centrale Rischi della Banca d’Italia per controllare la propria situazione o per trarre informazioni utili su un potenziale cliente: per questo motivo i soggetti che sono stati segnalati come cattivi pagatori avranno difficoltà se non impossibilità ad accedere al credito.
Trasferimento a terzi della titolarità del credito
La cessione del credito è un contratto tramite cui l’azienda (cedente) trasferisce la titolarità del diritto di credito ad un terzo acquirente (cessionario) dietro al pagamento di un prezzo di acquisto, al fine di anticipare i normali tempi di riscossione e migliorare la propria situazione di cassa. La cessione del credito si configura come un’operazione di natura fiscale oppure commerciale:
- La cessione dei crediti fiscali è un’alternativa alla fruizione delle detrazioni spettanti per interventi edilizi (Superbonus, Bonus Ristrutturazioni, Bonus Energia), dei bonus per installazione impianti solari fotovoltaici, nonché di alcuni bonus Covid;
- La cessione dei crediti commerciali, invece, è riferita ai crediti liquidi ed esigibili delle imprese, che possono essere oggetto di cessione con l’obiettivo di ottenere liquidità immediata.
Quando essere dipendenti o pensionati rappresenta un’opportunità per estinguere un debito
La cessione del quinto è una particolare tipologia di prestito personale con durata compresa tra i 2 e i 10 anni a cui possono ricorrere i dipendenti e i pensionati per ottenere della liquidità: l’ammontare massimo ottenibile è indicativamente 40.000 euro per i dipendenti privati e 75.000 euro per quelli pubblici e per i pensionati. La peculiarità di questo prestito è la modalità di rimborso, che avviene mensilmente con rate fisse, attraverso la cessione di una quota della retribuzione o della pensione, fino a un massimo di un quinto (20%). Proprio in quanto si basa sulla cessione di una quota di una retribuzione certa, questa soluzione è disponibile per dipendenti e pensionati, mentre non è prevista per liberi professionisti e partite iva.
Valorizzare al meglio i propri immobili
Se una persona fisica o una ditta individuale necessita di risorse nel medio periodo, può decidere di vendere un immobile e onorare i propri debiti nei confronti di uno o più creditori.
In particolare, si tratta dell’impegno, che il debitore si assume, di mettere sul mercato l’immobile posseduto. Grazie a questo impegno, il creditore potrà valutare di concedere una moratoria, richiedendo solamente il pagamento degli interessi alle scadenze delle rate contrattualmente previste. Questa soluzione permette di disporre del tempo utile a vendere l’immobile al meglio che il mercato possa esprimere, a patto che vengano identificati, insieme ai propri creditori, un prezzo target perseguibile ed un’agenzia di fiducia che lavori professionalmente alla commercializzazione.
Una modalità veloce per concludere il fallimento
Se il concordato preventivo è un accordo per evitare il fallimento, il concordato fallimentare è un mezzo per concluderlo, sostituendo alla liquidazione fallimentare e alla ripartizione dell’attivo, il soddisfacimento dei creditori con una modalità più veloce e conveniente.
Il concordato fallimentare rappresenta una delle forme di chiusura del fallimento che avviene tramite un accordo con il quale si offre uno scenario di rimborso, per tempistiche e percentuali, migliore rispetto al fallimento stesso.
Soddisfare i creditori tramite la continuità aziendale o la liquidazione
Il concordato preventivo è uno strumento a cui può ricorrere l’imprenditore che si trovi in uno stato di crisi o di insolvenza. Consente di soddisfare i creditori attraverso la continuità aziendale oppure tramite la liquidazione del patrimonio.
Si chiama “preventivo” proprio perché finalizzato ad evitare la situazione ben più grave di dissesto finanziario e quindi di fallimento. Il concordato preventivo si distingue in due casi: concordato liquidatorio e concordato in continuità. Nel primo caso , il soddisfacimento dei creditori avviene attraverso il ricavato della liquidazione del patrimonio sociale, al termine della quale vi sarà la cancellazione della società. Il concordato liquidatorio deve prevedere una percentuale minima di rimborso per alcune classi di creditori e offrire in generale uno scenario di rimborso, per tempistiche e percentuali, migliore rispetto allo scenario fallimentare.
Il concordato in continuità, invece, è finalizzato al risanamento dell’impresa e alla prosecuzione dell’attività, infatti i mezzi destinati al soddisfacimento dei creditori derivano dalla prosecuzione stessa dell’attività imprenditoriale. Inoltre, a differenza del concordato liquidatorio, non sono previste percentuali minime di rimborso per alcune classi di creditori.
La continuità è definita “diretta”, quando la gestione dell’azienda resta in capo all’imprenditore, oppure “indiretta”, se affidata a soggetti diversi per effetto di cessione, usufrutto, affitto o a qualsiasi altro titolo.
Uno strumento nelle mani del creditore
Il decreto ingiuntivo è uno strumento a disposizione del creditore per ottenere in tempi brevi la somma di denaro o il bene di cui ha diritto. Si tratta di un provvedimento monitorio con cui il giudice, su richiesta del creditore, chiede al debitore il pagamento di una somma di denaro, la consegna di una determinata quantità di cose fungibili o la consegna di una cosa determinata. Il provvedimento munito della formula esecutiva, costituisce titolo esecutivo, che consente al creditore di poter richiedere l’espropriazione forzata.Qualsiasi persona, fisica o giuridica, può ricorrere a tale procedimento. Tuttavia, per depositare un ricorso per decreto ingiuntivo sono necessarie due condizioni:
- Essere titolare di un diritto di credito, con determinate caratteristiche (certo, liquido ed esigibile);
- Avere una prova scritta del credito vantato.
Il decreto ingiuntivo rientra nei procedimenti con prevalente funzione esecutiva, ossia consente di conseguire rapidamente un titolo esecutivo, a cui segue l’esecuzione forzata ovvero il pignoramento dei beni. Il decreto è emesso senza contraddittorio cioè non viene ascoltata la controparte e senza un accertamento approfondito del diritto fatto valere. Naturalmente, il debitore-ingiunto può formulare l’opposizione. L’opposizione a decreto ingiuntivo è il mezzo con cui il debitore (l’ingiunto), impugna il decreto emesso nei suoi confronti. L’opposizione va proposta con atto di citazione entro 40 giorni dalla notifica. L’opposizione a ingiunzione rappresenta la seconda parte del procedimento monitorio, con la quale viene aperto un vero e proprio processo. Nel giudizio di opposizione, oltre all’accoglimento delle contestazioni, possono verificarsi i seguenti casi:
- L’opposizione è proposta fuori termine o l’opponente non si è costituito. In questo caso, il giudice dichiara esecutivo il decreto e la dichiarazione di esecutività è ostativa ad una nuova opposizione;
- L’opposizione è rigettata integralmente. Il decreto, in tal caso, acquista efficacia esecutiva;
- L’opposizione è accolta parzialmente. Il titolo esecutivo è costituito esclusivamente dalla sentenza, ma conservano i loro effetti gli atti di esecuzione già compiuti.
Liberazione dai debiti conseguente a un accordo transattivo o procedura concorsuale
L’esdebitazione, nel diritto italiano, è il beneficio della liberazione dei debiti non onorati, che si concede al fallito, ovvero alla persona fisica al termine di una procedura fallimentare, in presenza di particolari requisiti oggettivi e soggettivi. L’esdebitazione si sostanzia in una dichiarazione di inesigibilità dei crediti che non hanno trovato soddisfazione nell’ambito della procedura concorsuale. Con l’entrata in vigore della legge sul “sovraindebitamento”, questo istituto è ora riservato anche ai soggetti che non possono essere sottoposti alla procedura fallimentare. A differenza di quanto previsto dalla legge fallimentare, l’esdebitazione è automatica ad avvenuto perfezionamento del piano del consumatore e dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, composizione bonaria della crisi). Nel caso invece di liquidazione del patrimonio, la cancellazione dei debiti sarà eventualmente ottenuta a seguito della presentazione di apposita istanza. Non tutti i debiti, però, possono essere cancellati: n particolare, l’esdebitazione non si applica ai debiti alimentari nei confronti del coniuge e dei figli a carico.
Assunzione del debito da parte di terzi, senza esplicito accordo del debitore
L’espromissione è un negozio giuridico con cui un soggetto terzo (espromittente) si obbliga a risarcire un creditore (espromissario) dell’obbligazione che vanta nei confronti di un debitore (espromesso). L’espromissione, quindi, come l’accollo, ha come fine l’assunzione di debito altrui. A differenza dell’accollo, invece, l’espromissione si concretizza in un contratto in forma scritta tra l’espromittente e l’espromissario, in maniera spontanea, senza l’incarico da parte dell’espromesso.
Nell’ordinamento italiano esistono solitamente due tipologie di espromissione:
- Cumulativa: se si ha solidarietà tra il debitore originario e l’espromittente, cioè se il creditore può rivolgersi all’espromittente e in seguito all’espromesso, che è responsabile in maniera sussidiaria;
- Liberatoria: se, attraverso il contratto, l’espromittente libera completamente l’espromesso a cui il creditore non si può rivolgere.
Procedura concorsuale di liquidazione giudiziale
Il fallimento è una procedura concorsuale nel cui ambito vengono liquidati i beni del debitore dichiarato fallito per procedere al pagamento dei debiti dallo stesso contratti e non rimborsati. I creditori vengono soddisfatti nel rispetto della “par condicio creditorum” fatte salve le cause legittime di prelazione come, ad esempio, le ipoteche, i crediti dei dipendenti etc. La legge fallimentare prevede che sia fallibile chi esercita un’attività commerciale se supera almeno uno dei seguenti tre parametri:
- Attivo patrimoniale nel triennio precedente non superiore a € 300.000;
- Ricavi annui lordi nel triennio precedente non superiori a € 200.000;
- Ammontare debiti scaduti non superiore a € 500.000.
Inoltre, se l’ammontare complessivo dei debiti scaduti e non pagati non è superiore a €30.000 non si procede alla dichiarazione di fallimento. La richiesta di fallimento può essere generata dal debitore stesso; da uno o più creditori, che devono però provare lo stato di insolvenza del debitore; oppure dal pubblico ministero, in caso di reato penale. La richiesta di fallimento può essere generata dal debitore stesso; da uno o più creditori, che devono però provare lo stato di insolvenza del debitore; oppure dal pubblico ministero, in caso di reato penale.
Una garanzia personale
La fideiussione (art. 1936 ss) è un contratto con il quale un soggetto (fideiussore) garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui, obbligandosi personalmente verso il creditore. La fideiussione, infatti, è una forma di garanzia personale, che richiede una dichiarazione espressa da parte del fideiussore. Il vincolo alla garanzia del credito è costituito dal patrimonio di una determinata persona, oltre al debitore, su cui il creditore fa affidamento. L’obbligazione del fideiussore ha carattere accessorio, cioè la fideiussione vale solo nei limiti in cui esiste l’obbligazione garantita dal debitore. Gli effetti della fideiussione si sostanziano nella responsabilità solidale del fideiussore con il debitore principale, che qualora inadempiente, risponde dell’obbligazione col proprio patrimonio. Per il fideiussore esiste la possibilità di pattuire il così detto beneficio di preventiva escussione, per cui il creditore deve rivolgersi prima al debitore.
Una soluzione per stabilizzare la cassa
Il finanziamento del circolante consiste nella messa a disposizione di una ditta individuale o di una azienda di un fido o di un plafond, concesso con la formula “salvo revoca”, nel caso in cui non vi sia un termine, oppure a 12 mesi, che permette di portare a sconto fatture, RI.BA. o altri effetti, impiegando parte del fido accordato. Il fido accordato torna a essere disponibile una volta che l’effetto presentato abbia generato un incasso da parte del cliente e venga portato a decurtazione dell’utilizzo. In tal modo, si ha la possibilità di stabilizzare la propria cassa e di fare fronte ai propri debiti più facilmente.
Due degli strumenti più rappresentativi del finanziamento del circolante sono:
- Factoring: l’impresa stipula un contratto con un istituto di credito per farsi anticipare delle fatture, a fronte del pagamento di una percentuale del valore nominale del credito.
- Anticipo Fattura: l’impresa presenta ad un istituto di credito una fattura emessa non matura, affinché la banca eroghi una somma di denaro in suo favore. L’impresa, quindi, cede alla banca il proprio credito commerciale per ottenere in cambio immediata liquidità.
Il compenso dovuto per un prestito
L’interesse è una somma che viene pagata come compenso quando un terzo mette a disposizione del capitale, tramite la forma di prestito. Il creditore presta una somma di denaro e il debitore restituisce questa somma maggiorata di una percentuale prestabilita: questa percentuale prestabilita è il tasso di interesse. Solitamente, gli interessi si calcolano sulla base di tre variabili: il capitale iniziale prestato, il tasso annuo prestabilito e la durata del prestito. Gli interessi possono essere di tipo semplice e composto. Quello semplice, detto anche lineare, cresce proporzionalmente all’unità di tempo trascorsa. L’interesse composto, invece, viene aggiunto al debito, cioè calcolato non solamente sulla somma di denaro iniziale, ma anche sugli interessi aggiunti al debito in precedenza, ossia sul montante. Questo tipo di interesse ha una crescita esponenziale rispetto al tempo. Gli interessi e il relativo tasso vengono concordati tra le Parti nel relativo a contratto in tal caso gli interessi si qualificano come corrispettivi. Ove il debitore dovesse pagare in ritardo la rata del prestito, incorrerebbe nei cosiddetti interessi di mora. Questi interessi vanno a risarcire il creditore come conseguenza del ritardo, a prescindere dall’entità del danno che potrebbero creargli.
Una garanzia reale per il creditore
L’ipoteca è un diritto reale di garanzia a favore di un creditore. Questo strumento attribuisce al creditore, il diritto di soddisfarsi su tale bene con preferenza, in base al relativo grado ipotecario, rispetto agli altri creditori. L’oggetto dell’ipoteca sono i beni immobili, i beni mobili registrati e le rendite dello Stato. A seconda della fonte, si distinguono tre tipologie di iscrizione:
- Ipoteca legale (art. 2817 c.c.): la legge attribuisce ad alcuni creditori, in considerazione della causa del credito o della quantità o della posizione assunta dal creditore stesso, il diritto ad ottenere l’ipoteca, senza il concorso della volontà del debitore, per esempio: alienazione di un bene immobile non pagato dall’acquirente;
- Ipoteca giudiziale (art. 2817 c.c.): viene iscritta da chi ha ottenuto nei confronti del proprio debitore una sentenza di condanna, anche se solo provvisoriamente esecutiva, per esempio la sentenza di condanna al pagamento di una somma;
- Ipoteca volontaria (art. 2821 ss c.c.): nasce da contratto o da dichiarazione unilaterale di volontà da parte del concedente. Tale contratto o dichiarazione deve farsi per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, per esempio il contratto di mutuo.
Il garante è al sicuro
Per liberazione dalla garanzia si intende l’accordo tra il garante e la banca, in virtù del quale il primo si libera dalla propria obbligazione pagando un importo inferiore al massimale garantito dalla fideiussione. Questo accordo riguarda solo il garante in questione, mentre le posizioni del debitore principale e degli eventuali altri garanti non cambiano. A seguito del pagamento dell’importo concordato con il creditore, il garante è liberato da ogni obbligazione relativa al debito precedentemente garantito e quindi non subirà alcuna conseguenza dall’inadempimento definitivo del debitore principale. Infine, il garante ha un diritto di regresso nei confronti del debitore principale nei limiti dell’importo pagato, ossia potrà richiedere al debitore principale l’importo corrisposto al creditore
La cessazione dell’attività di una società
Quando una società ha concluso la propria attività, inizia la cosiddetta liquidazione. Questa viene definita “forzata” nel caso in cui sia disposta dall’attività giudiziaria, oppure “volontaria” se conseguente a cause come il raggiungimento dello scopo aziendale, la sopravvenuta impossibilità a raggiungerlo, il decorso del termine oppure per volontà dei soci. Questa fase prevede la nomina di un liquidatore, che è incaricato di portare a termine l’attività aziendale, convertendo gli attivi patrimoniali in liquidità, estinguendo i debiti ed eventualmente dividendo il capitale rimanente tra i soci. Mentre la gestione della liquidazione è affidata al liquidatore, gli amministratori continuano con la gestione ordinaria della società al solo ed unico scopo di salvaguardare il patrimonio sociale e rispondono personalmente di eventuali danni causati dall’atto di liquidazione. Gli amministratori, infine, devono depositare la dichiarazione che accerta la causa dello scioglimento della società presso il Registro delle Imprese.
Un procedimento stragiudiziale per risolvere le controversie
La mediazione è l’attività svolta da un terzo imparziale, finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo per la definizione di una controversia.
Si tratta di un procedimento stragiudiziale di risoluzione delle controversie. La sua funzione principale è quella di ridurre il flusso di nuove cause nel sistema giudiziario, offrendo uno strumento più veloce e semplice per definire le controversie.
Tradizionalmente, la figura del mediatore è nota per la protezione dei diritti del consumatore o dell’utente. Recentemente, invece, la mediazione si sta diffondendo anche per le trattative tra due soggetti privati: i mediatori che svolgono questo ruolo sono accreditati presso il Ministero della Giustizia.
Sospendere temporaneamente una scadenza
Per moratoria si intende la sospensione della scadenza di una obbligazione, concessa dal creditore su richiesta del debitore che manifesta una difficoltà temporanea ad adempiere l’obbligazione contrattuale. In casi eccezionali, come avvenuto con il Decreto Legge 56 “Cura Italia”, la moratoria può anche essere prevista da un provvedimento legislativo che ne definisce durata e ambito di applicazione.
Il contratto di prestito più utilizzato
Dall’articolo 1813 del Codice Civile, il mutuo è “il contratto col quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di danaro o di altre cose fungibili, e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità”. Oltre alla restituzione del capitale preso a prestito, il mutuatario deve remunerare il mutante per il rischio e l’impiego del capitale che si è accollato: questa remunerazione costituisce i cosiddetti interessi. Si tratta del contratto di prestito più utilizzato, soprattutto per quanto riguarda l’acquisto di immobili, in quanto è a medio/lungo termine e, generalmente, la sua durata varia tra i 5 e i 30 anni.
Esistono principalmente tre tipologie di mutuo:
- il mutuo fondiario, che è finalizzato alla costruzione, alla ristrutturazione o all’acquisto di un immobile e copre un ammontare inferiore all’80% del valore di mercato dello stesso immobile;
- il mutuo ipotecario, che prevede che il bene immobile stesso sia messo a garanzia;
- il mutuo chirografario, garantito non dal bene stesso ma dal patrimonio del mutuatario.
Mutuo a partire dai 60 anni
Il reverse mortgage o mutuo ipotecario vitalizio è una forma di mutuo a lungo termine garantito in primo grado da un immobile di proprietà, con la peculiarità di non prevedere nel corso della sua durata, e cioè fino all’estinzione, rimborsi in conto capitale e, spesso, nemmeno il pagamento degli interessi. Questo prestito può essere concesso da una Banca, o da un altro intermediario finanziario autorizzato, a persone fisiche di età pari a o superiore a 60 anni. È fondamentale che l’immobile sia di proprietà e libero da vincoli. Per disporre di liquidità immediata, l’immobile viene impiegato senza perderne il possesso ed il diritto di usufrutto. La particolarità di questo strumento risiede nel fatto che viene finanziata, di norma, una somma tra il 15% e il 50% del valore dell’immobile, ma il finanziamento non prevede rate in conto capitale, fino al venire meno del contraente o fino all’eventuale vendita della proprietà. Spese e interessi possono essere rimborsati tramite rate o capitalizzati e dovuti solo a scadenza: il rimborso, in questo caso, sarà a carico degli eredi. Questi disporranno, quindi, di due possibilità: potranno conservare l’abitazione e rimborsare il finanziamento, oppure vendere l’abitazione e rimborsare l’importo dovuto, nel limite massimo del ricavato della vendita.
Cosa sono i non performing loans?
I non-performing loans (NPL), nella classificazione italiana chiamati “sofferenze”, sono esposizioni bancarie deteriorate e ne rappresentano una delle forme più gravi. Il passaggio a sofferenza di una esposizione da parte della Banca si verifica quando il debitore è in una situazione di grave difficoltà finanziaria che non lasci presagire alcun margine di superamento, nel medio-lungo termine. Si tratta, pertanto, di una incapacità irreversibile di onorare il proprio debito nei confronti del creditore, a prescindere dal suo stato giudiziario. Questa è una condizione di particolare rilevanza per il bilancio di una banca, da non confondere con un semplice ritardo da parte del debitore nel pagamento delle rate. La situazione di sofferenza, infatti, deve essere segnalata in Centrale Rischi presso Banca d’Italia e comporta la chiusura delle linee di credito del soggetto sofferente in ogni istituto bancario, nonché la preclusione dell’accesso al credito.
Contestare il diritto del creditore a procedere all’esecuzione
L’opposizione all’esecuzione ha come scopo quello di contestare il diritto del creditore a procedere all’esecuzione. Il debitore sottoposto a esecuzione forzata, l’eventuale terzo possessore, o detentore del bene immobile esecutato, possono opporsi al creditore contestando il suo diritto a mettere in atto la procedura.
Il debitore può contestare il titolo su cui l’atto esecutivo trova le proprie fondamenta. Ad esempio, ci si può opporre se il soggetto che avvia la procedura non è lo stesso che aveva emesso il titolo di credito nei confronti del debitore, oppure nel caso in cui l’importo richiesto sia maggiore di quello dovuto originariamente.
In base al momento in cui il debitore contesta il pignoramento, è possibile individuare due tipologie di opposizione:
- L’opposizione “preventiva” ha luogo in un arco temporale compreso tra la data di notifica del pignoramento e l’inizio del processo di esecuzione forzata;
- Si definisce “successiva”, invece, l’opposizione che ha luogo in seguito all’avvio dell’esecuzione e il relativo procedimento si instaura direttamente davanti al giudice incaricato della procedura.
Beni mobili a garanzia per il creditore
Il pegno è un diritto reale di garanzia che può avere per oggetto: beni mobili, universalità di mobili, crediti e diritti aventi per oggetto beni mobili. L’atto di costituzione del pegno ha origine con un contratto scritto e ha come obiettivo il soddisfacimento del creditore qualora il debitore non ripaghi il proprio debito come previsto dal contratto. In caso di inadempimento, il creditore pignoratizio ha diritto di soddisfarsi sul ricavato della vendita del bene dato in pegno, con priorità rispetto agli altri creditori. Quando il pegno ha ad oggetto cose fungibili (pegno irregolare), il creditore ha il potere di esercitare il diritto di ritenzione fino a concorrenza del proprio credito.
Rimborsare il debito variando importi e scadenze delle rate
Il piano di rientro è il pagamento progressivo rateizzato di un debito scaduto nei confronti di un creditore, fino alla sua estinzione: l’ammontare totale viene suddiviso in rate da corrispondere a delle scadenze fissate inizialmente. Il piano di rientro è una soluzione che si può valutare per una persona fisica, una ditta individuale o un’azienda, quando il debito è scaduto, il debitore è impossibilitato a pagarlo e non è nelle condizioni di fare fronte ad una proposta alternativa (es., saldo e stralcio).
Superare la crisi d’impresa
Il piano di risanamento è uno strumento che consente il superamento di una crisi d’impresa in via stragiudiziale.
Quando un’impresa si trova in stato di crisi temporanea e nella difficoltà di ripagare i propri creditori, può predisporre e presentare un piano di risanamento. Il piano dovrà essere finalizzato al risanamento dell’impresa mediante strategia volte a garantire il pagamento dei propri debiti. Tale piano dovrà essere asseverato da un professionista indipendente, iscritto nel Registro dei Revisori Contabili, che ne certifichi i dati e la tenuta. Il rimborso dell’esposizione debitoria in esecuzione di un piano di risanamento ex art. 67 l.f. consentirà ai creditori di evitare il rischio di revocatoria e/o di concorso in reati fallimentari nel caso in cui l’impresa non riuscisse a superare la crisi.
Il piano è formulato in forma scritta e con data certa e può prevedere diverse assunzioni finanziarie. Alcuni esempi di assunzioni sono: la riorganizzazione del processo produttivo volta all’abbattimento dei costi, la cessione di beni strumentali o immobili non strategici, il consolidamento, la rimodulazione dei finanziamenti a breve termine e la conferma di linee per lo smobilizzo dell’attivo circolante.
Sanare il debito attraverso il patrimonio immobiliare
Il piano di dismissione consiste nella programmazione, da parte di un’azienda, della cessione a mercato di propri beni, che abbiano avuto una precedente valenza strumentale (cioè strettamente legata all’attività dell’impresa) o non strumentale, in un arco temporale di medio termine. Queste cessioni sono funzionali a rimborsare il proprio indebitamento, facendosi accordare dai creditori una moratoria con rimborso contestuale alle effettive dismissioni.
Questa soluzione permette all’azienda di sfruttare i beni non più funzionali all’attività aziendale per estinguere il debito, nei casi in cui i flussi della gestione caratteristica da soli non fossero sufficienti a rendere sostenibile il rientro in un arco di tempo di 3 – 5 anni. Se il creditore accorda una moratoria, infine, si limitano assorbimenti di risorse a deconto del debito, fino alla cessione dei beni sul mercato.
Un avviso prima della procedura di esecuzione forzata
Il precetto è l’atto stragiudiziale che il creditore utilizza per intimare il debitore a onorare il debito nei suoi confronti, avvisandolo del fatto che, qualora questo non avvenisse, procederà con l’avvio della procedura di esecuzione forzata. Il precetto, quindi, è l’ultimo strumento a disposizione del creditore prima dell’esecuzione forzata, cioè quando tutti gli atti stragiudiziali e giudiziali messi in atto precedentemente non hanno ottenuto i risultati attesi. L’atto deve necessariamente contenere, pena nullità, alcune informazioni come le parti coinvolte, la data di notifica del titolo esecutivo, la sua trascrizione e l’intimazione ad adempiere vera e propria ed esplicita.
Il debitore che vede notificarsi l’atto di precetto può quindi:pagare il proprio debito e chiudere la propria posizione debitoria nei confronti del creditore evitando l’esecuzione forzata; oppure non pagare il proprio debitore e andare incontro all’esecuzione forzata; o infine può opporsi preventivamente all’esecuzione forzata con un atto di citazione al fine di sospendere la procedura per mancanza o nullità del titolo esecutivo.
3 modalità per liberarsi dal debito
La procedura di sovraindebitamento consente ad alcuni soggetti fisici non fallibili, come professionisti, pensionati, piccoli imprenditori o piccole società artigiane , in grave difficoltà economica, in una definitiva incapacità di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni, di avviare una procedura presso il Tribunale volta a conseguire la liberazione integrale dai propri debiti.
Questa procedura può avvenire secondo tre modalità:
- Attraverso il piano del consumatore, il debitore propone ai creditori un accordo di ristrutturazione dei debiti sulla base di un piano che preveda la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei crediti futuri. Il piano consiste in una proposta di pagamento rateizzato dei debiti e indica al giudice tempi e modalità per superare la crisi da sovraindebitamento. Può anche prevedere la cessione di una parte del patrimonio e uno stralcio della complessiva esposizione debitoria. Può essere presentato soltanto dai consumatori privati ovvero persone fisiche che hanno assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale svolta e non richiede l’ottenimento del consenso dei creditori.
- La seconda modalità, l’accordo di ristrutturazione dei debiti, ha caratteristiche molto simili al piano del consumatore, con la differenza che l’accordo deve essere accettato dai creditori che rappresentano almeno il 60% dell’esposizione debitoria complessiva. L’accordo proposto ai creditori può sostanziarsi in un pagamento dilazionato del debito oppure in una proposta di saldo e stralcio.
- Infine, tramite la terza modalità, cioè procedura di liquidazione dei beni, il debitore mette a disposizione il suo patrimonio per far fronte al pagamento dei debiti. Un liquidatore nominato dal Tribunale provvederà a vendere i beni e procederà a pagare, pro-quota, i debiti.
Il procedimento per soddisfare il creditore
Il procedimento esecutivo è rivolto alla soddisfazione dell’interesse del creditore, che deve ottenere ciò che gli è dovuto e con le garanzie previste, nei limiti di quanto l’ordinamento giuridico o il Giudice stabilisce. Il processo esecutivo presuppone l’esistenza di un valido titolo esecutivo, ovvero una condizione necessaria e sufficiente per esercitare l’azione esecutiva, che non deve venire a mancare durante lo svolgimento del processo. Il creditore in possesso di un titolo esecutivo può servirsene, attivando una procedura di esecuzione forzata, mediante la quale viene soddisfatta una sua pretesa avente come oggetto beni mobili, beni immobili o crediti del debitore. La struttura del procedimento esecutivo cambia a seconda della natura dei beni coinvolti e del luogo in cui si trovano (presso il debitore o presso terzi . Solitamente, al creditore è riconosciuta la facoltà di scegliere quali beni colpire con l’esecuzione e, di conseguenza, il tipo di procedura da adottare. Il procedimento esecutivo consta di più atti e si svolge sotto la direzione di un giudice . Il primo atto è il pignoramento, ossia un atto mediante cui il creditore fissa un vincolo di indisponibilità sui beni del debitore. Tramite il pignoramento, dunque, i beni sottratti alla libera disponibilità del debitore sono vincolati a favore del creditore procedente, nonché degli altri creditori che dovessero intervenire nel procedimento. Dopodiché, si procede alla vendita forzata o all’assegnazione dei beni pignorati. Infine, la terza e ultima fase riguarda la distribuzione del ricavato ai creditori.
Dalla banca agli obbligazionisti
La cartolarizzazione è una tecnica finanziaria progettata per trasformare strumenti finanziari non trasferibili in altri strumenti finanziari trasferibili, quindi negoziabili e liquidi. Consiste nella cessione di attività o passività, per lo più crediti di una società (originator), ad una società-veicolo (Special Purpose Vehicle), cioè una società cessionaria abilitata ad emettere i titoli in cui sono incorporati i crediti ceduti che ne versa al cedente il corrispettivo economico, ottenuto attraverso l’emissione ed il collocamento presso il pubblico di titoli obbligazionari. Queste obbligazioni sono strutturate in tranche e a ognuna di esse viene attribuito un rating, con un merito creditizio, che è minore quanto più è alto il livello di subordinazione nella restituzione del debito obbligazionario. Il pagamento delle tranche avviene a cascata, ossia vengono pagate prima di tutto le tranche meno rischiose (senior) e successivamente le tranche più rischiose (mezzanine e junior). In sostanza, con la cartolarizzazione, il rischio di credito viene trasferito dalla banca agli obbligazionisti e la banca libera risorse di capitale. I beni/attività sono ceduti a terzi, e il recupero da parte dei terzi del valore di questi beni/attività dovrebbe garantire la restituzione del capitale e delle cedole indicate nell’obbligazione. In particolare, la SPV riceverà i pagamenti, per gli interessi e per la restituzione del capitale, da coloro che hanno sottoscritto i mutui. Se tale recupero non è possibile, chi ha comprato i titoli cartolarizzati potrebbe incorrere nella perdita del capitale e degli interessi dovuti.
Aggiungi un posto in più in azienda per finanziare i tuoi progetti
Un nuovo partner finanziario o industriale è un soggetto, estraneo all’attuale compagine sociale, disposto ad investire in azienda a titolo di capitale di rischio, portando capitali, ma anche competenze, finanziarie o industriali, per aiutare a ristrutturare il business. Questa soluzione permette all’azienda di disporre di nuovi capitali e di ulteriori competenze per realizzare un piano industriale sostenibile e di successo, a patto di poter dimostrare di produrre flussi a servizio del debito su un orizzonte di medio-lungo termine, facendo leva sui nuovi mezzi messi a disposizione dal partner.
Un finanziamento a condizioni adeguate alla tua capacità di rimborso per estinguere un debito pregresso
Il rifinanziamento del debito, chiamato anche consolidamento del debito, prevede la contrazione di un nuovo debito da parte di un’azienda o di una ditta individuale per ripagarne uno già in essere: il debito originario viene così estinto contestualmente all’erogazione del nuovo finanziamento.
Rispetto al debito originario, i termini e le condizioni del rifinanziamento generalmente prevedono una maggiore durata ed un tasso più in linea alle capacità di rimborso dell’impresa. Occorre considerare che questa opzione prevede un maggior costo in termini di commissioni e di interessi.
Il ricorso a questa leva permette all’azienda o ditta individuale di disporre del tempo necessario a rimborsare l’indebitamento complessivo, stabilendo una relazione con un nuovo intermediario che potrebbe considerare questa nuova esposizione un credito in bonis e non più un credito deteriorato, con ricadute positive anche sul merito creditizio e ritorno all’accesso al credito.
Fronteggiare le crisi economiche più gravi dei consumatori
La legge 124/2019 (Art. 41-bis) prevede la possibilità di rinegoziazione di mutui ipotecari per l’acquisto di beni immobili destinati a prima casa e oggetto di procedure esecutive, al fine di fronteggiare in via eccezionale, temporanea e non ripetibile i più gravi casi di crisi economica dei consumatori.
La nuova norma prevede le seguenti condizioni:
- Il debitore deve essere un consumatore;
- Il creditore deve essere una banca, una società per la cartolarizzazione dei crediti, un intermediario finanziario autorizzato;
- ll credito deve essere ipotecario di primo grado e deve gravare su un immobile che costituisce abitazione principale del debitore ed il debitore abbia rimborsato almeno il 5% della quota capitale;
- Deve essere pendente una procedura esecutiva immobiliare sul bene, il cui pignoramento sia stato notificato entro il 21 marzo 2021;
- L’istanza può essere presentata una sola volta e comunque la richiesta deve essere presentata entro il 31 dicembre 2022;
- Il credito complessivo, comprensivo di spese di pignoramento e di interessi*, non deve superare i 250.000 euro;
Per quanto riguarda l’importo offerto esistono delle condizioni particolari di applicazione:
- Se l’immobile è già all’asta, deve essere pari al prezzo base dell’asta ridotto del 25%, ossia il prezzo minimo al quale l’immobile sarebbe aggiudicabile ai sensi dell’art. 571 cpc);
- Se l’immobile è stimato ma non si è ancora tenuta la prima asta è quello di stima;
- Nel caso in cui il debito residuo sia inferiore al valore dell’immobile anche con la riduzione del 25% va offerto l’intero importo del debito residuo comprensivo di spese di pignoramento e di interessi**;
- Il nuovo mutuo derivante dalla rinegoziazione non deve essere inferiore a 10 anni né superare i 30 anni o gli 80 anni di età del debitore.
*Nota: Interessi contrattuali per le due annate anteriori al pignoramento e per quella in corso al momento del pignoramento e interessi legali per le annate successive
**Nota: Interessi contrattuali per le due annate anteriori al pignoramento e per quella in corso al momento del pignoramento e interessi legali per le annate successive
Ridefinire il debito nella sua struttura per scadenze
Quando il debitore, persona fisica, ditta individuale o azienda, non è più in grado di adempiere al rimborso delle rate secondo i termini previsti dal contratto stipulato per via di difficoltà temporanee, può considerare un riscadenziamento. Il riscadenziamento, infatti, è la richiesta di modifica dei termini del rimborso. In particolare, può concretizzarsi nella riduzione dell’importo della rata con conseguente allungamento del piano di ammortamento non scaduto, oppure della sospensione di determinate rate, da recuperare successivamente al termine originario.
Negoziare con i creditori la ristrutturazione dei propri debiti
In situazione di difficoltà economico-finanziaria e di insolvenza, un debitore può ricorrere agli accordi di ristrutturazione del debito. Si tratta di una procedura giudiziale che prevede la rinegoziazione delle condizioni originarie del debito quali la scadenza, il tasso di interesse, le rate e le eventuali garanzie, forte del consenso di almeno il 60% del totale dei creditori.
Il piano deve essere esaminato dal tribunale e, una volta ottenuta l’omologa da parte di quest’ultimo, l’impresa dovrà rispettare le tempistiche di pagamento previste dallo stesso , mentre per i creditori non aderenti, l’impresa dovrà provvedere al rimborso dell’esposizione entro 120 giorni dalla data di omologazione se scaduti. Gli accordi di ristrutturazione possono prevedere, inoltre, anche un accordo di transazione con l’Agenzia delle Entrate, che dovrà esprimersi in merito alla richiesta (182ter l.f.).
Infine, nel caso in cui l’impresa non riuscisse a superare la crisi, occorre ricordare che gli atti posti in essere in esecuzione del piano sono esenti da revocatoria e reati fallimentari.
Obiettivo: estinzione veloce del debito
Il saldo e stralcio è un accordo tra debitore e creditore in cui si definisce il pagamento di un importo inferiore rispetto a quello originariamente dovuto. Si tratta, quindi, di un accordo stragiudiziale, che può avvenire sia all’interno che al di fuori di un’azione legale. Questa soluzione, applicabile sia per i privati che per le ditte individuali e le aziende, presuppone una obbligazione non adempiuta e una grave e comprovata situazione di difficoltà economica. In questa situazione non è un diritto del debitore ottenere la possibilità di pagare un importo inferiore, ma è il risultato di una negoziazione e di un accordo con il creditore su importo, termini e modalità di pagamento. L’accordo di saldo e stralcio non è una transazione novativa, cioè non determina di per sé l’estinzione dell’obbligazione originaria. Infatti, il mancato pagamento di quanto concordato comporta il venire meno dell’accordo stesso e il creditore potrà esigere l’intero importo originariamente dovuto.
I nuovi gestori del credito
Nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione, o laddove le banche ritengano più efficiente ricorrere ad una esternalizzazione, le gestione dei crediti deteriorati come NPL e UTP, può essere svolta da soggetti qualificati, chiamati “servicer”. I servicer ottengono il mandato per la gestione dei crediti dalla banca o dal veicolo di cartolarizzazione che ha acquisito i crediti. Dunque, il servicer è una società, una banca o un intermediario iscritto all’albo ex Art. 106 T.U.B., che svolge principalmente compiti di incasso e riscossione ai fini del rimborso delle note emesse dal veicolo di cartolarizzazione. Tali compiti sono disciplinati dalla normativa regolamentare e denominati di “master servicing”. Il servicer può svolgere anche attività di gestione del portafogli, ovvero di recupero del credito, denominata special servicing. Quest’ultima attività viene frequentemente delegata ad altre società in possesso di licenza rilasciata dalla Questura ex Art. 115 T.U.L.P.S. Ai sensi della normativa italiana, al servicer fanno capo sia compiti di natura operativa legati all’attività di riscossione dei crediti ceduti e dei servizi di cassa e di pagamento, che possono essere, entro certi limiti, delegati ad un cosiddetto sub-servicer o special servicer (Funzione Operativa), sia compiti di natura regolamentare come l’obbligo di verificare che l’operazione sia conforme nell’interesse dei portatori dei titoli e del mercato (Funzione di Garanzia).
Vuoi sostituire il tuo creditore?
La surrogazione, nell’ordinamento italiano, è il subingresso di un terzo che si sostituisce nei diritti del creditore verso un debitore, per effetto del pagamento del debito. È uno degli istituti che dà vita alle modifiche soggettive del rapporto obbligatorio nel lato attivo, ovvero quelle dalla parte del creditore.
Un Accordo tra due controparti
Per trattativa bilaterale si intende una discussione portata avanti su due fronti, alla ricerca di una sintesi comune per la situazione di un qualsivoglia oggetto. Il codice della crisi d’impresa regola il momento della trattativa, che deve essere condotta secondo buona fede e correttezza. Il debitore ha il dovere di illustrare la propria situazione in modo completo, veritiero e trasparente, fornendo ai creditori tutte le informazioni necessarie ed appropriate allo strumento prescelto, nonché assumere tempestivamente le iniziative idonee alla rapida definizione della procedura, anche al fine di non pregiudicare i diritti dei creditori. Tale tipologia di trattativa si può ritrovare, ad esempio, all’interno della composizione bonaria della crisi o nella ristrutturazione del debito.
Cosa sono gli unlikely to pay o inadempienze probabili?
Gli Unlikely to Pay (UTP), in italiano “inadempienze probabili”, sono una particolare categoria di esposizioni deteriorate, le cosiddette non performing exposures o NPE. Si tratta di crediti considerati dalla banca di probabile default. È condizione patologica del rapporto contrattuale che tuttavia ha carattere temporaneo, con la possibilità di un ritorno in bonis del rapporto, oppure di una successiva classificazione a sofferenza, nel caso in cui l’inadempimento venga considerato definitivo.
Questi crediti sono associati solitamente a problemi economici temporanei del debitore rilevati dall’ente bancario stesso, e, dato il carattere temporaneo e non permanente, la situazione non viene segnalata alla Banca d’Italia. L’obiettivo alla base della gestione delle inadempienze probabili, è quello di riportare il debitore in bonis, ossia in condizioni di adempienza, il prima possibile. A tal fine, la banca creditrice si rivolge solitamente a professionisti del settore per tracciare il profilo del debitore e livellare l’asimmetria informativa, oppure cede il credito a un terzo soggetto.